Indifferenza o ignoranza: la pratica dell’idolatria nella Chiesa

di Richard Bennett e Randall Paquette Caro amico, cara amica,

“Signore, che cosa vuoi che io faccia?” è la domanda che è posta dinnanzi a te in questo nuovo articolo intitolato: “Indifferenza o ignoranza: la pratica dell’idolatria nella Chiesa”. Siamo noi un popolo che teme Iddio e che desidera conoscere le Sue vie ed ubbidire ai Suoi comandamenti? Prendendo la nostra posizione al riguardo, eleviamo al Signore la nostra preghiera aspettandoci di vedere la Sua potenza che convince il Suo popolo di peccato. E’ Lui, il Figlio di Dio, che ci ha fatto liberi, dunque: “se il Figlio vi farà liberi, voi sarete veramente liberi”.

Vi chiediamo di rispondere con la preghiera, di condividere con altri questo articolo e, se possibile, di pubblicarlo nel vostro sito Web.

Nell’amore e nella grazia di Dio, Richard Bennett
Randall Paquette

Da molti pulpiti sono state intessute generose lodi per “La passione del Cristo” di Mel Gibson, tanto che molti cristiani disavveduti si sono recati ad assistere alla proiezione di questo film. E’ un dato di fatto che molti cristiani siano oggi disposti, senza riserva alcuna, ad accettare per buoni film su “Cristo”, persino quelli dov’è evidente l’influenza cattolica-romana. La domanda che bisogna farsi, quindi, è questa: alla luce delle Scritture, la loro posizione è giustificabile oppure essi sono sottoposti alla condanna dell’onnipotente Iddio?

La Persona divina del Cristo è rivelata solo in un corpo umano
Molti cristiani ragionano fra di loro e pensano che, dato che Dio è diventato un uomo nella Persona di Cristo, un’immagine di Gesù non sia altro che un’immagine di un’immagine. Essi razionalizzano e dicono che l’Incarnazione giustifichi e persino ci autorizzi a dipingere Cristo in forma umana. Essi affermano che, benché nessun ritratto possa mostrare l’anima d’un uomo e questo non impedisce di raffigurarne l’aspetto esteriore, si possa altresì legittimamente raffigurare il corpo di Cristo in modo distinto dalla Sua divinità. Questi poveri cristiani, però, si ingannano, perché, in realtà, non sono disposti a rinunciare alle ultime vestigia del pensiero carnale e resistono a portare “ogni pensiero all’ubbidienza di Cristo”: la Scrittura, difatti, la pensa diversamente.

Il Cristo rimane del tutto unico nell’ambito dell’umanità. I tentativi di rappresentare quest’unicità in forma umana (qualcosa che solo Dio poteva realizzare nell’Incarnazione) significano solo distruggerla. La molteplicità delle immagini, con varie caratteristiche facciali, la nega. Un uomo non ha che un’unica natura e quindi può essere rappresentato legittimamente senza offendere ciò che egli è. Non così il Cristo, che è pure divino. Trasformarlo “in un immagine simile all’uomo corruttibile”, significa trasgredire alla Legge ed insultare la Deità di Dio. Coloro che videro Cristo su questa terra, avevano davanti agli occhi: “Cristo manifestato nella carne”. Quale artista animista o fotografo potrebbe pretendere un tale risultato dai suoi sforzi? Che cosa solo ne risulterebbe? Non è forse questo un tentativo di creare l’immagine di Colui del quale non possediamo immagine? Non è forse questa l’essenza stessa dell’idolatria, una rappresentazione falsata di Dio? Nel silenzio della nostra cameretta noi dovremmo pregare in questo modo: “Chi è pari a te fra gli dèi, o SIGNORE? Chi è pari a te, splendido nella tua santità, tremendo anche a chi ti loda, operatore di prodigi?” (Es. 15:11), ed ecco, la risposta tuona attraverso le età in questo modo: “io sono Dio, e non ce n’è alcun altro; sono Dio, e nessuno è simile a me” (Is. 46:9).

La Persona di Cristo consiste in due nature indivisibili – quella umana e quella divina. Colui che è stato manifestato in carne era Dio in modo vero ed autentico . Si trattava, ciononostante, di vera carne umana. “Poiché dunque i figli hanno in comune sangue e carne, egli pure vi ha

similmente partecipato, per distruggere, con la sua morte, colui che aveva il potere sulla morte, cioè il diavolo” (Eb. 2:14). Immagini e film di Cristo sono solo ritratti di un corpo umano. E’ totalmente impossibile mostrare la divinità di Cristo, questo può farlo solo il Suo corpo in cielo “perché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità” (Cl. 2:9). La pienezza della Deità dimora in Cristo, e non figurativamente, perché Lui è sia uomo, sia Dio. Questa “pienezza” non potrà mai essere trovata in tipi, figure e similitudini di Lui. Qualsiasi replica che se ne voglia fare, è solo un inganno. Ogni qual volta si attribuisce un corpo a Gesù Cristo, esso rimane una menzogna grossolana.

Questo fatto, che Gesù è tanto Dio quanto uomo, è la grande dottrina centrale della fede cristiana. Ciò che molti evangelici sembrano oggi non comprendere è che, rappresentando Cristo in questo modo, essi commettono un grave abuso di fronte all’Iddio tre volte santo, perché ne dipingono l’umanità priva di divinità. “A che serve l’immagine scolpita, perché l’artefice la scolpisca? A che serve l’immagine fusa che insegna la menzogna, perché l’artefice confidi nel suo lavoro e fabbrichi idoli muti?” (Ab. 2:18). Soltanto le Sacre Scritture possono presentare apertamente la divinità di Cristo.

Cristo Gesù nella Sua Persona e natura umana è l’espressa immagine di Dio. Chi ha visto Lui ha visto il Padre . Se Gesù fosse solo un uomo, magari anche il migliore fra gli uomini, sarebbe certo accettabile rappresentarlo. Non però il Cristo! Egli è espressamente l’immagine di Dio, è “splendore della sua gloria e impronta della sua essenza” (Eb. 1:3). Questa immagine implica la Sua eterna Essenza e, come tale, è unica e non può essere replicata o riprodotta. Coloro che accettano immagini e film di Cristo, non comprendono che essi hanno ridotto l’incarnazione di Cristo all’esclusiva umanità. Queste rappresentazioni ignorano il carattere inimitabile di Cristo Gesù come “l’impronta” non esemplificabile di Dio. Sebbene Egli sia vero uomo, l’umanità di Cristo non può essere separata dalla Sua divinità. Questa pratica perpetua l’eresia di Nestorio, il quale insegnava che Gesù era due distinte “persone”, una umana ed una divina .

L’unicità di Cristo Gesù, assieme al comando di non praticare l’idolatria, ci viene data nei termini più forti, nel Nuovo Testamento. “Sappiamo pure che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza per conoscere colui che è il Vero; e noi siamo in colui che è il Vero, cioè, nel suo Figlio Gesù Cristo. Egli è il vero Dio e la vita eterna. Figlioli, guardatevi dagl’idoli” (1 Gv. 5:20,21). Non vi può essere dubbio alcuno che Egli è Colui del quale è scritto: “Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio” e: “Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta”, lo stesso che aveva dichiarato: “Io e il Padre siamo uno”, e che era stato adorato come: “Signor mio e Dio mio”! Egli è Dio vero da Dio vero.

Immaginiamo forse che Dio, nella Sua onniscienza, non avesse previsto l’apparire, nella cultura umana, di ritratti o immagini, dipinti o macchine fotografiche? Siamo noi forse più sapienti di Lui a ritenere che sia necessario forgiarci immagini del Cristo? Nel cuore di ogni essere umano vi è il forte desiderio di forme visibili che diano espressione a credenze religiose. A causa di questo desiderio cattivo, il Signore Iddio ha proibito l’idolatria, ammonendoci della sua influenza corruttrice. Se dei credenti, su questa questione, sono stati ingannati, è nostro desiderio e preghiera che essi vedano la verità della Parola di Dio, comprendano che essi si sono nutriti di veleni e dicano: “Poiché gl’idoli domestici dicono cose vane, gl’indovini vedono menzogne, i sogni mentono e danno un vano conforto” (Za. 10:2).

Presentazioni che confondono la distinzione fra Dio e il Suo mondo creato
Un’immagine o un film di Cristo, a causa delle sue implicite limitazioni, risiede nel mondo delle cose create. Qualunque siano le buone intenzioni che ad esse sottendano, esse non possono elevarsi più in alto di ciò che sono. Esse, perciò, oscurano la distinzione fra Dio e uomo, confondono il Creatore con la creazione. L’apostolo Paolo rivela la causa di questa confusione: “...perché, pur avendo conosciuto Dio, non l’hanno glorificato come Dio, né l’hanno ringraziato; ma si son dati a vani ragionamenti e il loro cuore privo d’intelligenza si è ottenebrato” (Ro. 1:21). Questa digressione, ci dice l’apostolo Paolo, continua, perché: “Benché si dichiarino sapienti, son diventati stolti, e hanno mutato la gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle

dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili” (Ro. 1:22,23). Il problema è questo: “A chi vorreste assomigliare Dio? Con quale immagine lo rappresentereste?” (Is. 40:18). La risposta della Scrittura non lascia adito ad equivoci: “Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà” (Ro. 12:2).

Qualsiasi tentativo di raffigurarsi Cristo trasforma il mezzo stesso in un mediatore fra Dio e uomo. Lo spettatore, ristretto nei confini di questo piano umano, immagina di conoscere il Signore, almeno in una certa misura. Con questa immagine di Cristo inculcata nella sua mente, si permette allo spettatore di fantasticare, di meditare silenziosamente sui propri pensieri, costretto da un’impressione che non è veramente il Cristo. In questo modo, la mente dello spettatore continua ad essere conformata al mondo mediante l’immagine creata e la propria soggettività. Sebbene queste presentazioni visive facciano fortemente appello agli impulsi sensuali, esse non presentano esplicitamente all’uomo la verità oggettiva riguardante il Signore.

La nostra conoscenza di Gesù Cristo deve essere formata dalle verità della Scrittura e non dalle nostre impressioni soggettive dell’interpretazione artistica. In quest’ultima, l’artista e lo spettatore fondono Dio e la Sua creazione in un’unica entità nell’immagine, e questa non è nient’altro che l’espressione visibile dell’idolatria. Quest’immagine spuria pone le basi di una concezione panteistica di Dio. Non sorprendetevi, allora, che “Numeri sempre maggiori di pagani preoccupano le chiese e le spingono a invocare controlli più stretti su popolari programmi televisivi e film che celebrano la magia come ‘Harry Potter’, ‘Buffy l’ammazzavampiri’ e ‘Sabrina, la strega adolescente’” . Il comando che dà la Scrittura è quello di scegliere le vie di Dio tanto da conoscere e seguire Cristo nella Sua Parola! Quando noi ubbidiamo a ciò che la Legge comanda nelle pagine della Scrittura, con la grazia dell’Evangelo, allora Lo conosciamo in spirito e verità.

Noi non vediamo Gesù Cristo con i nostri occhi fisici. Questo è il significato autentico della fede. L’eccellenza dell’oggetto della fede è l’invisibile Gesù. Mentre i sensi si occupano delle cose che si vedono, la ragione si pone su un piano più alto. La fede, però, ascende ancora più in alto, e ci fornisce d’abbondanti particolari che sensi e ragione non potranno mai indicarci. “Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono” (Eb. 11:1). La fede nutre sé stessa: “Ah, se non avessi avuto fede di vedere la bontà del SIGNORE sulla terra dei viventi!” (Sl. 27:13), con la potenza e le promesse dell’Invisibile. Allora possiamo capire la logica e gli scopi coerenti del perché il Signore Iddio abbia proibito le immagini.

Immagini e film che infrangono la Legge di Dio e contaminano la grazia di Dio
Molte chiese evangeliche dimostrano una fondamentale ignoranza del significato del Secondo Comandamento, quello che proibisce di far uso d’immagini che rappresentino Dio.

“Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il SIGNORE, il tuo Dio, sono un Dio geloso; punisco l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso bontà, fino alla millesima generazione, verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti” (Es. 20:4-6).

Questo comandamento proibisce la creazione e l’uso di immagini intagliate. Esso ci rammenta essenzialmente che Dio è Spirito, e che non può essere concepito o forgiato all’immagine dell’uomo o di qualsiasi altra creatura. Troviamo un brano biblico ad esso associato in Deuteronomio 4:12-16:

“E dal fuoco il SIGNORE vi parlò; voi udiste il suono delle parole, ma non vedeste nessuna figura; non udiste che una voce. Egli vi annunziò il suo patto, che vi comandò di osservare, cioè i dieci comandamenti, e li scrisse su due tavole di pietra. A me, in quel tempo, il SIGNORE ordinò d’insegnarvi leggi e prescrizioni, perché voi le mettiate in pratica nel paese dove ora entrerete per prenderne possesso. Siccome non vedeste nessuna figura il giorno che il SIGNORE vi parlò in Oreb dal fuoco, badate bene a voi stessi, affinché non vi corrompiate e

non vi facciate qualche scultura, la rappresentazione di qualche idolo, la figura di un uomo o di una donna”.

Ciò che qui è proibito è la figura del Signore stesso. Il popolo non aveva ricevuto alcuna figura del divino e nessuna doveva essere forgiata. Nel Nuovo Testamento, inoltre, noi non abbiamo alcuna “figura” di Gesù Cristo, ed il comando deve rimanere incontestato. Qualsiasi figura o immagine del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo, è peccaminosa ed insulta la maestà del Signore Iddio.

Che dire, così, di coloro che cercano un balsamo per la loro coscienza e preferiscono figure a statue, come se la mancanza di una dimensione trasformasse l’immagine in qualcosa di accettabile a Dio? Potranno anche pensare di avere agito in modo più nobile verso il Signore perché non si tratta di una “immagine scolpita”. Li potrà anche confortare di non essere sulla via dell’idolatria presa da Roma, ma dimenticano il fatto che essi stessi si sono incamminati sulla via altrettanto deleteria, della Grecia . Dio proibisce di farsi immagini di qualsiasi tipo. Si tratta quindi di una trasgressione della legge di Dio farsi una “figura” o una “immagine” di qualunque cosa sia sulla terra, in cielo, e sotto terra, per rappresentarsi la divinità.

Coloro che infrangono questo Comandamento, Egli li chiama “quelli che mi odiano”, e quelli che lo osservano: “quelli che mi amano” (Es. 20:5). A chi trasgredisce questo comandamento, commettendo così un’iniquità, si promette un castigo, mentre, a chi l’osserva sono promesse benedizioni. Dalla prospettiva di Dio, l’idolatria equivale ad adulterio spirituale. E’ simile, quindi, alla reazione di un marito tradito, quella del Signore, quando dice: “Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il SIGNORE, il tuo Dio, sono un Dio geloso; punisco l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano” (Es. 20:5).

La lezione del vitello d’oro
I figli di Israele languivano impazienti ed increduli ai piedi del Monte Sinai, attendendo Mosè, che sembrava non dover più tornare. L’impazienza cresceva giorno per giorno così come le lamentele, e le lamentele ben presto si trasformano in ribellione. Dio non l’avevano mai visto con i loro occhi, e di questo Mosè “noi non sappiamo più che gli sia avvenuto”. Sembrava che anche lui fosse scomparso per non tornare più. “Orsù,” dicono così ad Aaronne, “facci degli dèi”. Questo loro anelito di poter avere una divinità “tangibile” chiedeva a viva voce di avere finalmente forme visibili d’espressione religiosa. Per quello, però, vi era un prezzo da pagare: bisognava pregiudicare ciò che era puro e produrre ciò che è rozzo. Dovevano privarsi del loro oro, e portarlo ad Aaronne. Così: “...tutto il popolo si staccò dagli orecchi gli anelli d’oro e li portò ad Aaronne. Egli li prese dalle loro mani e, dopo aver cesellato lo stampo, ne fece un vitello di metallo fuso. E quelli dissero: «O Israele, questo è il tuo dio [oppure “Questi sono i tuoi dèi” (Elohim)] che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto!» Quando Aaronne vide questo, costruì un altare davanti al vitello ed esclamò: «Domani sarà festa in onore del SIGNORE!»” (Es. 32:3-5).

Aaronne, in questo modo, ratifica questa nuova “identità” del loro Dio. Che cosa vede, però, Dio, in tutto questo? La risposta è nelle Scritture: “Fecero un vitello in Oreb e adorarono un’immagine di metallo fuso; così sostituirono la gloria di Dio con la figura d’un bue che mangia l’erba. Dimenticarono Dio, loro salvatore, che aveva fatto cose grandi in Egitto” (Sl. 106:19-21). L’apostolo Paolo ci dice che l’idolatria è mutare: “la gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili” (Ro. 1:23). Ciò che era la loro gloria ed è la gloria della Chiesa, è, in verità, la Gloria di Dio stesso, ed essa non può e non deve essere rappresentata dall’immagine di un uomo o di una bestia. Dio, conoscendo le inclinazioni malvagie degli uomini, e i loro continui tentativi di giustificare il loro empio comportamento, specialmente quello fatto in nome della religione, ha dichiarato: “il Dio che disse: «Splenda la luce fra le tenebre», è quello che risplendé nei nostri cuori per far brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo” (2 Co. 4:6).

Qualunque cosa un teologo possa dire di questo versetto, una cosa è chiara: se voi fare una rappresentazione fisica del volto di Cristo, allora voi avete definito e contaminato la Gloria di Dio. Sia esso pure un “uomo” o “un bue che mangia l’erba”, qualsiasi tentativo di riprodurre

quella Gloria, eccetto ciò che fa Dio stesso, è idolatria.

Sguardo panoramico sulla storia dell’idolatria nella Chiesa cristiana
Gli Apostoli, le cui epistole e vangeli sono gli oracoli stessi di Dio, sono uomini che potevano dire: “Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della parola della vita” (1 Gv. 1:1), non ci trasmisero mai alcuna descrizione fisica di Cristo. Al contrario, essi proclamano ciò che ha fatto Cristo. Essi mettono in evidenza la Sua morte e risurrezione, spiegando il significato di questi avvenimenti, e, per poter essere salvati, la necessità della fede in essi.

L’apostolo Paolo afferma a chiare lettere: “...da ora in poi, noi non conosciamo più nessuno da un punto di vista umano; e se anche abbiamo conosciuto Cristo da un punto di vista umano, ora però non lo conosciamo più così” (2 Co. 5:16). Pietro dice di Cristo: “Benché non l’abbiate visto, voi lo amate; credendo in lui, benché ora non lo vediate, voi esultate di gioia ineffabile e gloriosa” (1 Pi. 1:8). Uomini e donne, rigenerati dallo Spirito Santo, esultarono nel Cristo pur senza averlo visto, proprio come i patriarchi avevano fatto con l’invisibile Jahweh. Non passa neanche nella loro mente di fornirci una descrizione del Signore. Il silenzio del Nuovo Testamento su questo punto è in accordo totale con ciò che comanda l’Antico Testamento. Qualsiasi fonte a loro contemporanea che pretenda di fornire una descrizione di Cristo è extracanonica.

Nei primi due secoli della Chiesa, i cristiani non usavano immagini per rappresentare Cristo. Durante quest’infanzia della Chiesa, i primi cristiani non si sarebbero mai inchinati di fronte all’immagine dell’Imperatore, né ad opera alcuna delle mani dell’uomo. Non avevano immagini, statue o figure; essi ben comprendevano che il Dio che adoravano non avrebbe mai accettato un tale affronto, perché solo Lui è Dio! Com’è che, allora, l’idolatria fu introdotta nella Chiesa? Fu a causa del passare del tempo, dell’indifferenza, dell’ignoranza e dell’inganno. Nell’anno 313 A. D., quando l’imperatore romano Costantino dichiarò il Cristianesimo religione ufficiale dell’Impero, i pagani, sulla base di un editto politico, e non attraverso la rigenerazione, si trovarono ad essere cristiani. Non conoscendo né Dio né l’Evangelo, inondarono le chiese, portando i loro idoli in braccio, nelle loro case, nelle loro menti e nei loro cuori.

I veri credenti, però, si opponevano all’idea di avere figure e statue che rappresentassero Cristo. Questa controversia continuò ad infuriare per secoli, creando molte controversie. Nel mezzo di questa lotta, Papa Gregorio I, il Grande (604) presentò un’argomentazione apparentemente innocente e plausibile in loro favore. Scrisse, infatti, al vescovo Sereno di Marsiglia, che aveva distrutto le immagini nella sua diocesi: “Ciò che i libri sono per coloro che possono leggere, così è un’immagine per la persona ignorante che può così contemplarla; in una figura persino l’incolto può trovare esempi da seguire; in una figura, coloro che non conoscono le lettere potranno leggere. Per cui, specialmente per i barbari, l’immagine prende il posto dei libri” . Un ragionamento siffatto usurpa l’autorità della Parola di Dio. In verità, se la persona non istruita non può leggere, potrà certamente “udire”, come dice la Scrittura: “Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo” (Ro. 10:17), perché: “è piaciuto a Dio, nella sua sapienza, di salvare i credenti con la pazzia della predicazione” (1 Co. 1:21).

Così, nell’anno 754 A. D. un grande concilio di vescovi dichiarò che tali immagini non sono bibliche, e quindi, non sono accettabili nella Chiesa. Ventitre anni più tardi, però, un altro concilio di vescovi capovolse questa dottrina. Il secondo concilio di Nicea, riuniti nel 787 A. D. impose l’uso di immagini e di statue per rappresentare Cristo. Quest’inescusabile idolatria della Chiesa Cattolica Romana condusse nei secoli bui. Quando venne la Riforma, e con essa il vero Evangelo, si condannarono pure i mali dell’idolatria. Per fuggire all’idolatria, molti lasciarono la Chiesa cattolica, e sorsero chiese fondate sulla Bibbia in molti paesi. Al tempo della Riforma, sia pastori che il popolo si resero conto che tutto ciò che di Dio si può apprendere dalle immagini è sia futile che falso.

“Popolo mio, coloro che ti guidano ti sviano

....e distruggono il sentiero per cui devi passare!” (Is. 3:12). Come si è giunti a questo. Si potrebbe dire che sia vivo nella Chiesa lo spirito di Iezabel, e lei sta insegnando ai Suoi servi di: “a commettere fornicazione, e a mangiare carni sacrificate agli idoli” (Ap. 2:20) . Come con ogni altra educazione, questa comincia alle scuole elementari – le immagini “religiose” decorative, il ragionamento carnale, le scuse e le giustificazioni, come pure l’illusione che i fatti conseguenti non seguiranno. Lei, però, sa che ogni uomo è fondamentalmente, nel suo cuore, un idolatra, e non ci vuole che un batter d’occhio a passare dall’appendere un’immagine ad inginocchiarvisi davanti. Così, una volta apprese ed accettate le nozioni elementari, i suoi studenti quasi certamente progrediranno fino alle forme papiste dell’idolatria. A meno che non si vigili molto attentamente sin dalle fasi iniziali, la conclusione è inevitabile. Dato che Cristo sta al centro focale del Cristianesimo, qualsiasi immagine che tenti di rappresentarlo, diventa speciale in rapporto alle altre. Sebbene l’immagine non sia Cristo, né una riproduzione onesta di Lui, a suo tempo, nella mente dell’osservatore, diventerà entrambe le cose. Deve certamente essere stata la seconda, inizialmente, altrimenti perché appendere l’immagine di uno sconosciuto straniero alle pareti?

Chiedete al padrone di questa immagine: “Chi è questo?”, e risponderà senza esitazione, e con non migliore prova che il consenso generale, dirà: “E’ Gesù!”, quando di fatto non lo è, e così adempirà tutti i criteri necessari per definire un idolo – una falsa rappresentazione di Dio. E perché sarà cero che quest’immagine è Gesù, sarà tenuto, per il rispetto che porta a Cristo, di onorare quell’immagine, ma “l’onore” sarà presto sostituito da “riverenza”, e “riverenza” cederà il passo alla “venerazione”. Certamente questa è la maledizione che legherà sul capo dei suoi figli, e sui figli dei suoi figli. Quasi certamente questo ammonimento sarà da lui ignorato.

Molti che si considerano cristiani hanno un atteggiamento di sufficienza e di superficialità verso l’idolatria. Molti razionalizzeranno e giustificheranno le loro pratiche in vari modi. Diranno: “Io sono salvato, ed uso le immagini, i film ed i video su Cristo, quindi le immagini, i film ed i video su Cristo non possono essere sbagliati”. Per cui Dio non sarà più per lui il solo che possa giudicare su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ma sarà la creatura il giudice ultimo, presumendo che il divino dono della salvezza sia una licenza per fare ciò che più ci aggrada. Allora la Parola di Dio cessa di essere la base di “ciò che si crede”, ma “ciò che si crede” diventerà l’interprete della Parola di Dio. Sarà, in effetti, la volontà del “cristiano” a diventare l’arbitro delle Scritture. Quanto allora sarà facile adottare la dottrina ufficiale del Cattolicesimo che dice: “Incarnandosi, il Figlio di Dio introdusse una nuova ‘economia delle immagini’” , relegando la Parola del Signore allo stato di “partner silenzioso”!

Pare che nessuno di noi sia mai troppo lontano dalle pratiche dell’Egitto. Esse si attaccano alle nostre vesti e ci chiamano a sé nelle veglie della notte. Se non siamo vigilanti nello spirito della preghiera, soccomberemo ad esse, prima o poi, anche se non subito, gradualmente. Ciò che è oggetto della nostra indifferenza, diventerà il punto focale dei nostri bisogni. Notatelo bene: le immagini che nella nostra generazione sono “innocentemente” appese alle nostre pareti, diventeranno ben presto idoli, che poi la prossima generazione si metterà ad adorare. Non si esiterà molto ad apporre alla parola “immagini” l’aggettivo “sacre”, e questo ci fornirà la giustificazione per venerarle. Quanti cristiani difendono le immagini di Cristo che adornano le pareti dicendo che non adorano l’immagine, ma ciò che essa rappresenta.

Credono onestamente con questo sofismo di onorare Dio? Senza dubbio: essi ragionano come oggi fanno i papisti e postulano come facevano i pagani ieri. Gli antichi pagani vivevano in una società stracolma di statue e di templi dedicati ai vari dei che adoravano. Pure questi idolatri credevano che quando si inginocchiavano di fronte a queste effigi, essi adoravano gli dei, e non le immagini che li rappresentavano. Non c’è alcun dubbio che questa associazione, alleata alla superstizione naturale, impartiva per il fedele una qualità senziente all’idolo, ma considete questo fatto più come un ammonimento che come una distinzione. Non è forse vero che la Chiesa di Roma, laddove ancora una volta la verità si piega di fronte alla superstizione, pretende che queste immagini operino miracoli? I suoi fedeli testimoniano che queste statue piangerebbero e si muoverebbero . Questo non è altro che il retaggio dell’idolatria.

Signore, che vuoi che io faccia?
Che potremmo dire di più? C’è una similitudine facciale in molti tentativi di rappresentare Cristo, dalla barba ben tagliata, ai lunghi capelli ad onde, alle caratteristiche effeminate con uno sguardo placido e malinconico. Anche, però, questa evidente cospirazione non è il vero problema. Quante possibilità ha un artista che si basi solo sull’ispirazione intrinseca centri le caratteristiche corrette del vero Gesù storico? Se, però, quelle non sono le sue caratteristiche, allora non sono che una rappresentazione errata del Figlio di Dio e quindi, per la definizione stessa, questo le renderà degli idoli. Forse che crediamo, come credono alcuni spiritisti, che Dio stesso li abbia ispirati a disegnare quei volti nel modo in cui hanno fatto? Allora dovremmo chiaramente dire di credere che Dio ispiri immagini, che Dio ordini di farci degli idoli! Non sia mai! Dato che Cristo Gesù è Dio manifestato in carne, questa verità Lo estrae dal campo delle concezioni artistiche e Lo pone nel campo della divina Rivelazione. “...non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli” (Mt. 16:17), “Figlioli, guardatevi dagl'idoli” (1 Gv. 5:21).

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____________________________________________________ Notes:

1. 1 Tim. 3:16
2. Giovanni 1:14; 14:9.
3. Il Nestorianesimo è un’eresia che prende nome da Nestorio, nato in Siria e morto nel 451 A.

D. Egli sosteneva la dottrina che in Gesù vi fossero due distinte persone. La soluzione biblica a questa controversia, fu stabilita nel Con-cilio di Efeso (431 A. D.), dove si mostrò come Cristo avesse sì due nature, ma non fosse che un’unica Persona. Se ci si chiede se queste due nature possano essere fuse in una sola, confuse o separate, la risposta ci viene dal Concilio di Calcedonia del 451 A. D., il quale mostrò biblicamente come le due nature non possano mai essere confuse l’una con l’altra, né che si possa separarle l’una dall’altra.

4. 2003 Reuters Limited 6/20/03.

5. “I greci ortodossi onorano e baciano le icone. Queste sono figure e non statue. Essi affermano: “L’uso delle icone fu difeso e sostenuto al Settimo Concilio Ecumenico. Il termine di quel Concilio è ancora celebrato oggi come “Il trionfo dell’Ortodossia”, e le icone rimangono una componente centrale della fede e della prassi ortodossa” (www.fact- index.com/e/ea/eastern_orthodoxy.html).

6. Ep. ix, 105, in P. L., LXXVII, 1027 http://landru.i-link- 2.net/shnyves/Catholic_Tradition_art.html 3/15/04

7. Iezabel ha condotto i suoi affari con notevole successo, da Babilonia fino in India. Il suo più grande successo, però, la Chiesa di Roma oggi, vede i suoi membri che si inginocchiano di fronte ad un crocifisso (che è un idolo) mentre un prete eleva di fronte a loro un Eucaristia, l’oblazione di un sacrificio incruento chiamato “Messa”, e nel contesto dell’orchestrazione di questo solenne atto, i suoi fedeli, a loro volta, mangiano questa cosa sacrificata agli idoli precisamente come denuncia Apocalisse 2:20. Come si è potuto arrivare fino a questo puntgo? Non da un giorno all’altro! Iezabel glielo ha insegnato gradualmente, cominciando la loro istruzione con le prime lezioni: immagini appese nelle case per ispirare, usate per insegnare agli incolti, e statue usate per rappresentare “i santi”, Cristo ed altri, e tutto questo per essere “solo” pii ornamenti delle chiese ecc. Il risultato finale di tutto questo era inevitabile. Siatene certi, però, se il Signore dovesse tardare, le stesse chiese evangeliche, che oggi tollerano le immagini, ben presto celebreranno la Santa Cena ponendone una di fronte agli elementi (forse già lo fanno) e più tardi, ne metteranno un’altra su un piedistallo, e, prima di mangiare il pane, si inchineranno di fronte ad essa. Coloro che dimenticano la storia sono destinati a ripeterna. E’ proprio quella Iezabel che gli anziani di Tiatira “tolleravano” che oggi viene altresì tollerata nell’evangelizzazione: il risultato di tutto questo è certo.

8. Catechismo, Paragrafo 2131.

9. US News & World Report 3/ 29/ 93. “The case of the Weeping Madonna”, pp. 46-50.